Le antiche mura “etrusche” di Orbetello – Atti della Tavola Rotonda

In questo libro sono contenuti gli atti della Tavola Rotonda che si è svolta il 22 e 23 settembre 2017 ad Orbetello, primo atto di un progetto, presentato nella premessa al volume, che ha come obiettivo la conoscenza, la riqualificazione e la valorizzazione dell’antica struttura che cinge il centro storico della città.

Nel corso dei lavori, dopo una presentazione della storia del monumento dall’epoca rinascimentale ad oggi (Cardosa), una serie di relazioni hanno offerto un quadro complessivo della formazione dell’ambiente lagunare (Velasco) e del popolamento della città e del suo territorio in epoca preistorica (Leonini – Cardosa), etrusca (Zifferero, Ciampoltrini) e romana (Celuzza). Nella seconda parte si è offerta una panoramica dei sistemi di fortificazione in Etruria dalla tarda protostoria (di Gennaro) all’epoca etrusca, con confronti con strutture simili nei territori vicini, quali Vulci (Cerasuolo), Saturnia (Rendini) e Vetulonia (Rafanelli), mettendo inoltre a confronto le mura poligonali di Orbetello con le strutture in tecnica analoga note in area laziale (Cifarelli). A conclusione si è presentato un saggio di rilievo strumentale dell’antica struttura con le possibilità, dal punto di vista della conservazione e della valorizzazione, che tale tecnica offre (Palla – Scalabrelli).

Dai lavori del convegno è emerso come l’ambiente in cui si è sviluppato il primo insediamento dell’area urbana sia tutt’altro che conosciuto; in particolare rimangono incerti: il livello dell’acqua, la stessa morfologia della laguna, la profondità del suo fondale, il collegamento o meno con il mare aperto, la salinità dell’acqua, la navigabilità, tutti dati di fondamentale importanza per comprendere le vicende insediative di Orbetello. Sembrerebbe invece assodato che le mura si fondarono su una paleo spiaggia, oggi scomparsa, quasi sicuramente agli inizi del III secolo a.C., in concomitanza con la fondazione della colonia romana di Cosa (273 a.C.), anche se sulla datazione non tutti gli studiosi sono concordi.

Il volume costituisce una prima ed unica raccolta di informazioni sul manufatto, sul periodo in cui fu realizzato con confronti tra strutture simili, e costituisce il necessario punto di partenza per una qualsiasi operazione di valorizzazione. Abbiamo fatto un ulteriore sforzo per dare un’importanza all’evento ed alla riqualificazione delle mura perché vogliamo ripartire da questi atti per proseguire nel progetto di valorizzazione.

Durante i lavori del gruppo è stato realizzato un modello 3d di una parte delle mura, circa 350 metri, che ci ha permesso di evidenziare le criticità e gli interventi necessari.

Leggendo questo codice QR con uno smartphone potrete vedere il modello 3d delle mura in una versione alleggerita.

http://www.effigi.it/muraorbetello/

LETTERA DEL CIRCOLO CULTURALE ORBETELLANO “G. MARIOTTI” AL SINDACO E AL PRESIDENTE DELLA CONSULTA.

Orbetello, 11 marzo 2013

 1700 - Stemma di Orbetello -All’attenzione della Dr.ssa  MONICA PAFFETTI Sindaco del Comune di Orbetello

e.p.c.   Alla Prof. Italia Baldi La Banca Presidente Consulta della CulturA Comune di Orbetello

Alla Stampa

Il proposito del Circolo Culturale Orbetellano “Gastone Mariotti” di organizzare un Convegno nel quale fare il punto della situazione, per cercare di mettere insieme proposte atte a superare la negativa situazione in cui si trova il settore dei beni culturali, ha sollevato una serie di polemiche e prese di posizioni che ci sembrano fuori luogo, riteniamo non giustificate e, in un certo senso, non consone ai temi e ai problemi di cui desideriamo occuparci. Ciò avviene dopo lunghi anni nei quali sono state avanzate proposte accompagnate da indicazioni progettuali, non solo nostre, suggerimenti a fare squadra attraverso le più larghe intese e collaborazioni possibili, per mettere insieme le varie forze disponibili con lo scopo di superare le difficoltà che riscontriamo da molto tempo, proposte e suggerimenti rimasti senza risposta come di consuetudine.

E qui, trattandosi di attività volontaria nel settore culturale, vogliamo ribadirlo con forza: le nostre posizioni sono sempre state uniformate alla collaborazioni con tutti indipendentemente dal colore politico dei singoli, ma nello stesso tempo abbiamo sempre difeso la nostra libertà di operare, senza chiedere nulla, se non il consentito, senza sottostare a imposizioni di chicchessia e fin quando potremo esistere questo continuerà ad essere il nostro comportamento.

In queste polemiche sono state affermate cose che ritenevamo ormai superate per chiunque e cioè: “ma cosa vogliono questi?”, “chi credono di essere?”, “la Consulta comunale della cultura è il solo organismo che può fare queste cose”, ed altre ancora, fino a velate offese personali. Ebbene, dopo averlo detto e codificato tante volte, vogliamo ripeterlo con più chiarezza anche in quest’occasione: l’associazionismo e il volontariato sono un bene straordinario ed inestimabile per la comunità e la dove queste realtà si sviluppano ed operano liberamente significa che la comunità stessa progredisce socialmente, culturalmente ed economicamente e pensiamo che un’amministrazione comunale che non ha le capacità di rilevare queste peculiarità e di conseguenza operare con tutte le sue forze perché questo sviluppo si consolidi e sia valorizzato, non può richiedere attenzione e sostegno.

Con l’articolo del Tirreno del 7 marzo a difesa dell’attività dei Musei, si tenta maldestramente di mettere in cattiva luce le nostre posizioni. Non abbiamo nessun timore a dire che i due musei citati portano avanti, non senza evidenti difficoltà, un lavoro didattico eccellente, e che le persone che vi operano, cui va anche il nostro ringraziamento, danno prova di grande professionalità e serietà. Ma si deve convenire che, pur essendo lodevole e importante questo lavoro che deve senza dubbio continuare, i musei sono deputati a fare anche altre attività, altrettanto importanti e necessarie; ed è questo che noi intendevamo.

Ogni anno si sviluppano sul territorio una serie d’iniziative “tradizionali” attuate al fine di dare “lustro” alla nostra città. Vi è chi si domanda se esse servono e se possono avere una qualche incidenza sullo sviluppo locale, se davvero quelle attività hanno la capacità di portare benefici. Noi siamo convinti che esse abbiano queste capacità e che debbano continuare a essere favorite le mostre, i concerti, il ciclo di film, il teatro, i convegni, le rievocazioni storiche e delle tradizioni, e tutte le altre iniziative consimili, ma siamo anche fermamente convinti che se queste attività non verranno accompagnate da una seria e fattiva tutela e valorizzazione dei beni culturali (monumenti, biblioteche, archivi, musei, resti archeologici, parchi, ambiente naturale), insieme alla formazione di momenti di produzione, di gestione e partecipazione, il loro risultato non sarà poi così profondo e proficuo.

Ecco perché abbiamo cominciato a parlare dell’organizzazione del Convegno “sotto accusa” e invitato alcuni amici disponibili ad accollarsi un impegno di collaborazione nella fase organizzativa, ma con l’obiettivo principale che all’evento devono essere invitate tutte le componenti della comunità (associazioni culturali, sociali e sportive, Consulta della Cultura, amministratori comunali, associazioni di categoria (commercianti, artigiani, coltivatori diretti, industriali, operatori turistici) e tutta la cittadinanza che desidera portare un contributo.

Stiamo facendo questo lavoro mettendoci al posto di altri più titolati a farlo? Forse si! Ma allora su questi temi che tutti, a parole ritengono importanti per un territorio a vocazione turistica, perché abbiamo perso tanto tempo? Perché non ci muoviamo? Possiamo per questo essere considerati presuntuosi e chi sa che cos’altro ancora? Beh, se c’è chi lo desidera faccia pure. Tuttavia, noi continueremo a pensare che tutte quelle parti sociali elencate nel precedente capoverso, con l’amministrazione comunale in testa, avrebbero dovuto plaudire a una iniziativa di questo genere e predisporsi positivamente perché il Convegno potesse essere organizzato nel modo migliore.

Che risultati potrebbero uscire da un Convegno del genere? Non lo sappiamo. Sappiamo solamente che è necessario parlare, parlare e parlare ancora dei problemi che ci toccano e che molte volte ci assillano, per trovare con intelligenza, serietà e umiltà, tutti assieme, ripetiamo tutti assieme, qualche via d’uscita a questa situazione negativa, riflettendo su un fatto evidente: da soli e con queste difficoltà, non si può andare da nessuna parte.

Sappiamo, inoltre, benissimo quali immense difficoltà ci sono oggi per amministrare una Comunità, prodotte soprattutto, dalla crisi generale che stiamo attraversando e, per questi motivi, comprendiamo i disagi, le incertezze, gli ostacoli che devono essere superati per una corretta gestione della cosa pubblica, tuttavia ciò non può modificare la nostra posizione, riteniamo anzi che l’avvalori.

Distinti saluti

 Il Direttivo del Circolo Culturale Orbetellano

“Gastone Mariotti”.

 

 

 

LAZZARO SPALLANZANI E LE ANGUILLE DELLA LAGUNA DI ORBETELLO

Lazzaro SpallanzaniLo scienziato naturalista Lazzaro Spallanzani, durante un viaggio di studio nelle due Sicilie, partì da Napoli per raggiungere Genova il 16 novembre 1789, su un legno francese che dopo due giorni e mezzo di navigazione giunse a Porto Ercole.
Per assoluta mancanza di vendo, il veliero fu costretto a rimanere in Porto per cinque giorni e lo Spallanzani, approfittando di questa sosta, visitò il Lago di Orbetello.
Seguiamo questa esplorazione della nostra laguna, attraverso quanto egli scrive in “Viaggio alle due Sicilie” (Vol. quinto: parte seconda):
“…intesi col maggior piacere esistere verso l’ovest a cinque miglia di là il lago di Orbetello, feracissimo di grosse anguille (murena anguilla), la cui pesca si fa in ogni stagione, e considerabile ne è lo smercio, per venir ricercato questo pesce da Napoli, e nella massima parte dallo Stato Pontificio. Allora mi venne in mente la celebre controversia intorno alla generazione delle anguille, la quale ad onta di tante osservazioni e ricerche si antiche che moderne non è stata per ancora nettamente definita. Riflettei inoltre quanto poco sappiamo delle naturali abitudini di tali viventi, non ostante che sieno comunissimi, ed in infiniti paesi se ne faccia la pescagione: difetto per riguardo a noi che pur troppo è comune con la massima parte degli altri pesci, la cui scienza riducesi per lo più ad una semplice, né molto istruttiva nomenclatura. Avvisai pertanto di andare tostamente sul luogo, anzi di moltiplicarvi le mie visite, per apportare, se mi era possibile, qualche piccola luce a questa oscura materia. Il lago di Orbetello ha di circuito 18 miglia, non molta è la sua profondità, e con una apertura entra in mare, e con l’altra mette foce nel fiume Albegna. Comunica col lago un canale tortuoso, chiamato Peschiera, giacché le anguille prese nel lago, per via di graticci, vengono in lei imprigionate, e all’occorrenza si pescano. In questo canale, pulito nel fondo, e attorniato da muri, quantunque le anguille nulla trovino a mangiare, ed abbian di fatti nette le budella, in que’ mesi che vi rimangono dentro, pure ho veduto che si trovan grassissime. Nella prima visita ch’io vi feci non poteva giungervi più opportunamente per fare esami su quelle anguille. Alcune ore prima ne eran perite dentro alla Peschiera dodici mila libbre, che già cavate dall’acqua giacevano a gran mucchi alle sponde di essa: e il direttore della pesca mi disse di avere avuto per questa mortalità un danno di cinquecento e più ducati napoletani, necessitato essendo a salare quella moltitudine di pesce, e la salatura non da mai il prodotto lucrativo che ricavasi dal pesce fresco. Per avviso di lui e dei subalterni pescatori, l’origine di questo accidente n’era stata la seguente. L’acqua marina col mezzo del lago entra nella Peschiera, e vi fa correre quest’acqua, lo che succede nel flusso del mare. Nel riflusso quest’acqua prende un movimento contrario, e però può dirsi affetta da una continua commozione. La notte precedente il mattino ch’io vi andai, non si ebbe flusso di mare. Stagno adunque l’acqua della Peschiera, e si riscaldò, e il riscaldamento fu fatale alle anguille, potendo elleno tollerare il freddo, non già il calore. Così essi argomentavano nella loro disgrazia. A me sembrò tuttavia non troppo diritta codesta argomentazione, certo essendo che in estate più calda è la Peschiera che nell’autunnale stagione in cui moriron le anguille, nonostante che allora non periscano, purché l’acqua non diventi stagnante, siccome eglino non sepper negarmi. Pensai piuttosto che la loro morte provenisse dall’aver dovuto soggiornare in acqua non rinnovata e in conseguenza per esse fatale, massimamente per la pochissima profondità della Peschiera, e per innumerevole copia di anguille che vi eran dentro. Comunque però fosse io poteva aprire, ed interamente esaminare quel maggior numero di anguille ch’io voleva, ottenutane dal padron della pesca un’ampia permissione. Sono di doppia fatta, altre chiamate anguille fine, che ascendono a due o tre libbre di peso, altre denominate capitoni, il cui perso monta alle otto, alle dieci, ed anche alle dodici libbre, e queste formano il maggio numero, e per la delicatezza e deliziosità della carne sono stimatissime, e vengono forestieri a comperarle sul luogo, per venderle in Toscana, nello Stato Pontificio, e nel Napoletano. In quella mia prima gita alla Peschiera sparai 33 capitoni, ed altri 54 in tre visite consecutive, oltre ad una simile operazione fatta in 23 anguille fine. Nei primi, perché grossi di molto, non potevano essere più manifeste, più decise le interiora, cioè l’esofago, gli intestini, il fegato, la cistifellea, il pericardio, il cuore, le reni, la vescica natatoria, ecc. Ma l’organo che abbondantemente bramavo di trovare e che era il primario oggetto di queste visitazioni, non mi apparì mai, voglio dire l’ovaja, od altre viscere che caratterizzassero il sesso della femmina. Sebbene non vidi tampoco l’organo che è proprio del maschio, cioè i latti. Questi individui al numero di 87 erano interiormente configurati all’istessa maniera. Le ventitre anguille fine mi mostrarono, non così in grande, d’una maniera però chiaramente marcate, le parti interne summentovate, senza però che nessuna potesse caratterizzare il maschio o la femmina. Sono persuasi quei pescator che le anguille fine specificatamente diversifichino dai capitoni, giacché quantunque tutte le anguille quando dal mare entran nel lago emulino la minutezza dei capelli, pure a capo di due o tre anni pescansi i capitoni del peso di undici, e dodici libbre, quando le anguille fine non oltrepassano quasi mai le tre libbre. Sussistendo il fatto asserito la notizia sarebbe importante, non essendo finora nota che una sola specie di anguilla; ma resto in forse se i capitoni differiscono essenzialmente dalle anguille fine, o se debbano piuttosto chiamarsi due semplici varietà, per non avere io trovato in queste fuggitive mie osservazioni nessuna rimarchevole differenza fra loro sì nell’esterno abito, che nell’interno.
Tutti asseveratamene mi dicevano di non aver mai vedute nelle loro pescagioni un’anguilla che avesse le uova, o gli anguillini dentro il corpo; ed aggiungevano di aver sempre udito dire la stessa cosa da coloro, che nel peschereccio esercizio li avevano preceduti. Sono poi nell’erronia opinione che le anguille nascan nel fango, non però dentro il lago, non avendosi mai trovato uova, né anguillini neonati, venendo questi dal mare. Quanto però è falso, e ridicolo il primo fatto asserito, altrettanto è sicuro il secondo, notissimo essendo a tutti quei paesani, che nei mesi di marzo, di aprile, e di maggio entran nel lago a milioni le capillari anguilline nei tempi massimamente torbidi, e burrascosi. Finita poi che sia l’entrata più non possono uscire, per gli impedimenti ad esse frapposto, quantunque per naturale inclinazione le anguille non cerchino che in novembre di restituirsi al mare…”.

LA STORIA SI RIPETE

NPG D36867; Edward Bolton King by Samuel Angell, after  William GillSto per concludere la lettura dell’opera “STORIA DELL’UNITA’ D’ITALIA, 1814 – 1871”, di Bolton King (1860 – 1937), storico inglese. I suoi studî più importanti furono dedicati all’Italia e fra questi, quello forse più interessante è proprio quella storia dell’unità d’Italia, scritta nel 1899 e tradotta in italiano per la prima volta nel 1909 – 1910.
Quella in mio possesso è una edizione del 1960, prodotta dagli “Editori Riuniti”, formata da quattro volumi per complessive pagine 887.
Qualcuno potrà domandarsi il perché mi sia presa la voglia di leggere quest’opera. Senza dubbio perché mi sono sempre sentito attratto dallo studio e dall’approfondimento della storia, in particolare quella della mia terra, e poi perché trovarmi di fronte ad un opera di così vaste proporzioni scritta da un inglese sulla mia patria, mi ha talmente incuriosito che non ho potuto fare a meno di cominciare a leggerla pensando che mi sarei stancato presto e l’avrei abbandonata.
Fin dalle prime pagine, mi sono però reso conto che la storia di quegli anni, scritta da un inglese, e con quei minuti e particolari approfondimenti sulla vita degli uomini, italiani e stranieri, che hanno contribuito all’unità d’Italia e sui dettagli dei fatti e delle posizioni politiche che movimentarono la vita di quel periodo, non sarebbe stata una perdita di tempo.
Ma la cosa che mi ha attratto nella lettura di quel testo, oltre quei dettagliati e particolari momenti della storia e della vita degli uomini me delle popolazioni, è stata la conferma di ciò che ho tante volte sentito dire o letto in tanti studi, che cioè, anche se atti, posizioni e logiche sembrano lontane e hanno, magari, altri obiettivi, la storia si ripete in continuazione, dandoci l’impressione che non sia cambiato nulla. E di questi momenti quella storia è davvero piena.
Ve ne trascrivo due pagine:

“…
Due uomini di temperamento così diverso ed egualmente forti dovevano necessariamente scontrarsi, benché si comportassero lealmente l’uno verso l’altro e fossero non di rado disposti a mettere da parte i loro sentimenti personali.
Sella voleva colmare il deficit del bilancio con la tassa sul macinato; Lanza temeva invece che un’imposta di quel tipo, che avrebbe inevitabilmente riportato alla mente i tempi dell’antico dispotismo, avrebbe portato al culmine il malcontento popolare. Aveva sollecitato una politica di conciliazione con la chiesa e tentava di attenuare ogni ingerenza dello Stato.
La Marmora non aveva alcuna fede nella libera chiesa, e Lanza si trovò in aperta opposizione con la maggioranza del governo. Il suo incondizionato appoggio agli ufficiali che avevano adottato misure rigorose contro i disertori in Sicilia lo espose ad un aspro attacco da parte dei democratici. Impopolare nel paese e privi di qualsiasi appoggioi da parte dei colleghi, si vide ben presto costretto a rassegnare le dimissioni (agosto 1865).
Lanza abbandonava il governo in un momento particolarmente critico e non a torto i suoi colleghi protestarono che “aveva sacrificato gli interessi del paese ai suoi gesti plateali”.
Le sue dimissioni resero insostenibile la posizione del governo, i quale si decise a sciogliere una Camera inefficiente e priva di ogni prestigio, nella speranza che il paese avrebbe eletto una maggioranza stabile. I fatti dimostrarono che gli elettori erano confusi e pieni di contraddizioni almeno quanto lo era stata la Camera.
Tutti gli interessi che la rivoluzione aveva colpito, tutte le ambizioni locali che il parlamento non aveva fatto in tempo a considerare e soprattutto il malcontento per le nuove tasse e il timore di oneri fiscali anche maggiori contribuirono a far fallire le speranze governative: dappertutto, tranne che nel Piemonte, le elezioni portarono alla caduta di molti vecchi deputati. La consorteria subì un sensibile calo di voti, mentre uscirono rafforzate dalle elezioni sia la sinistra, che aveva un programma democratico ed anticlericale, sia l’opposizione liberale, la quale si raccoglieva intorno alla “permanente” e tendeva a costituirsi in partito di centro sinistra, seguendo in una certa misura Rattazzi.
I tre partito, come forza, erano quasi pari, e ciò rendeva più che mai difficile assicurare una maggioranza ministeriale. Ricasoli credette opportuno rinnovare i tentativi di unificare la sinistra con gli uomini migliori della destra e del centro, ma i suoi sforzi fallirono ancora una volta.
Nella Camera la confusione regnava sovrana.
Lanza si abbandonava ai propri rancori; Rattazzi era più o meno sfavorevole al ministero, aspettando il momento opportuno per succedergli. La “vecchia guardia” piemontese, che fino ad allora aveva costituito il più fidato appoggio del governo, stava ormai diventando una banda di settari, capace soltanto di azioni e iniziative meschine e negative.
Il nuovo governo era nettamente inferiore al precedente.
La grande maggioranza dei deputati si recò a Firenze senza altro programma politico che non fosse quello di creare difficoltà al governo. La “superba indifferenza di Sella per l’impopolarità” concentrò sulla sua persona tutta l’ostilità; il nuovo bilancio da lui proposto, – che comprendeva la tassa sul macinato e quella sulle porte e finestre, – suscitò critiche violente. Il parlamento si era riunito da appena un mese quando il governo fu battuto su una questione di secondaria importanza (19 dicembre 1865).
Il voto ostile fu espresso da una coalizione della sinistra e del centro sinistra, ma la maggioranza del centro sinistra era separata da Crispi e da Mordini da pregiudizi quasi altrettanto radicati quanto quelli che lo dividevano dalla destra. Entrambi i partiti si erano impegnati ad appoggiare la riduzione delle imposte, ma sapevano perfettamente quanto fosse complicato, se non addirittura impossibile, attuare, una volta al governo, le promesse che avevano fatto quando si trovavano all’opposizione.
Non restava altra scelta che restituire l’incarico a La Marmora facendo di Sella il capro espiatorio; La Marmora acconsentì a formare di nuovo il gabinetto, sia perché contava in tal modo di portare avanti i propri piani per ottenere il Veneto, sia perché tutta la situazione era così pericolosa, e così scossa la fiducia nel parlamento, da convincerlo che, sotto qualsiasi altro primo ministro, la Costituzione stessa avrebbe corso seri pericoli.
…”

LA BIBLIOTECA COMUNALE “P. RAVEGGI” DI ORBETELLO

Le Biblioteche sono nate per collegare libri e lettori e per favorirne l’incontro. A questo dunque debbono essere orientati i modelli organizzativi di cui le Biblioteche, in particolare quelle pubbliche, si devono dotare, tenendo conto dei diversi centri istituzionali (Stato, Regione, Provincia e Comune)  che dettano le relative norme e gli indirizzi gestionali.
La citazione di due importanti passi del Manifesto dell’UNESCO, può farci comprendere meglio il lavoro da intraprendere per la funzionalità della Biblioteca.

1)      Fede nella biblioteca pubblica come forza vitale per l’educazione, la cultura e l’informazione, e quale agente essenziale per promuovere la pace e la comprensione tra i popoli e le nazioni;

2)      La biblioteca pubblica è lo strumento più importante per mettere a disposizione di tutti le testimonianze del pensiero dell’uomo, delle sue scoperte, e le manifestazioni della sua creatività;

La biblioteca pubblica deve, quindi, offrire ad adulti e ragazzi la possibilità di vivere al passo col proprio tempo, di educare se stessi con continuità e di tenersi aggiornati sul progresso delle scienze e delle arti.
Fino  ad oggi,  salvo  pochi  esempi,  il tratto prevalente  delle  nostre biblioteche pubbliche è stato quello di istituzioni burocratiche volte essenzialmente al controllo patrimoniale delle proprie raccolte librarie, con lo scopo principale della conservazione e della salvaguardia. La discussione critica su questi metodi è da alcuni anni aperta grazie, soprattutto, alle teorie ispirate dal mondo della biblioteconomia anglosassone e vanno definendosi nuovi modelli in cui prevale la capacità della biblioteca di qualificarsi come punto di mediazione tra l’utente e le informazioni da lui richieste.
Perciò, per ottenere questi risultati è necessario, anzitutto, che la biblioteca sia dotata di una organizzazione interna funzionale agli obiettivi che abbiamo visto,   i cui elementi (documenti, strutture, risorse umane, procedure interne, contesto socio-culturale, dotazioni finanziarie) interagiscano continuamente tra loro.
In un contesto di questo genere e perché gli obiettivi possano essere raggiunti, sembra logico che l’azione del Comune e quella delle associazioni cittadine rappresenti un reale momento di collaborazione, di integrazione e di coordinamento, dove la biblioteca e tutte le altre strutture deputate all’attività culturale, divengano il fulcro di questo progetto.

Ma veniamo alla nostra Biblioteca.
Il suo patrimonio librario e documentario ha subito nel tempo danneggiamenti rilevanti in seguito all’abbandono in cui era stato tenuto fino a pochi anni or sono.
Diamo atto che negli ultimi anni qualcosa è stato fatto ed oggi la Biblioteca resta aperta al pubblico ed eroga alcuni servizio. Tuttavia, pur con tutta la buona volontà messa in atto dagli impiegati addetti, in base ai compiti che dovrebbe svolgere  una biblioteca pubblica, ciò che si è fatto e che si sta facendo, è del tutto insufficiente; anzi, col passare del tempo tutto diventa più difficile, perché i locali destinati alla Biblioteca non sono più in grado di contenere il materiale esistente.
E’ del tutto inutile che tanti libri siano presenti in biblioteca, se i potenziali lettori non sono adeguatamente informati della loro esistenza, contenuto e disponibilità e se non funzionano correttamente tutti i necessari percorsi che favoriscono l’incontro tra la domanda e l’offerta o tra la richiesta d’informazione e il documento che la contiene.
Per meglio comprendere le dimensioni dell’impegno che viene richiesto in termini progettuali, culturali, finanziari e di lavoro materiale per adeguare le attività e le funzioni della nostra biblioteca a quelli di una moderna biblioteca pubblica, prendiamo ad esempio gli standard minimi che l’IFLA (International Federation of Library Association) suggerisce per una biblioteca pubblica che debba servire una popolazione di 15.000 abitanti. Questo è il raffronto che ne deriva:
BIBLIO
Pur trattandosi di una comparazione soltanto indicativa e considerando che alcuni standard minimi su scala internazionale sono, purtroppo, abbastanza elevati per qualunque biblioteca italiana, il confronto è tuttavia utile, perché ci fa comprendere che se vogliamo un servizio funzionante ed efficace dobbiamo, in qualche modo e progressivamente, avvicinarci a quegli standard.
La nostra biblioteca è in possesso di una discreta raccolta di unità bibliografiche di storia locale, provinciale e regionale, che forma un’importante sezione, pur nella sua incompletezza. Riteniamo che sia prioritario uno sforzo per cercare di recuperare ciò che manca, attraverso una stretta collaborazione con gli studiosi, le associazioni culturali e le scuole.
La biblioteca, particolarmente in ambiti territoriali come il nostro, deve diventare il principale vettore di una forte e libera circolazione delle idee e deve saper interagire, per la sua natura informativa e bibliografica, con attività integrative ed iniziative promozionali e culturali, come si evince dallo schema seguente:
BIBLIOTECA
Deve essere inoltre sollecitata un’ulteriore espansione dell’utenza, dialogando con essa e predisponendo strategie informative graduate e differenziate.
Gli incontri con le associazioni culturali e sociali cittadine, devono essere continui e saranno molto utili per rilanciare l’immagine della biblioteca e per aprire una campagna di pubbliche relazioni che permetta di orientare e informare il territorio sulle varie attività intraprese o da intraprendere.
E’ infine indispensabile, in maniera sistematica, orientare ed informare i lettori con strumenti adeguati: una guida all’uso della biblioteca, una segnaletica interna comprensibile ed efficace, la pubblicazione regolare di un bollettino di informazione, un accesso alla rete informatica più estesa e completa.

UN ALTRO ESEMPIO DI QUANTO AMIAMO I NOSTRI BENI CULTURALI

RELAZIONE PERITALE DELLA BIBLIOTECA E OGGETTI D’ARTE DI RAFFAELE DEL ROSSO (Allegata alla deliberazione n. 684 del 18 luglio 1928, adottata dal Podestà del Comune di Orbetello:

Raffaele Del Rosso 5In mezzo al cordoglio che pervase tutta la Maremma all’annunzio della morte di Raffaello Del Rosso, un voto fu espresso da molti: che il Municipio di Orbetello, nell’interesse della Città e della cultura, si assicurasse la copiosa raccolta di libri e oggetti d’arte, che l’illustre figlio aveva messa insieme in lungo corso di anni con amore di studioso e con devozione di maremmano.
Più nobile monumento – si diceva da costoro – il Comune di Orbetello non potrebbe elevare alla memoria del figlio che la Città natale e la Maremma onorano come il più ardente apostolo della loro rinascita.
A pochi mesi di distanza dalla lacrimata dipartita, tale voto può essere appagato per volere della famiglia, che con vivo rincrescimento è disposta a distaccarsi da quelli che furono gli inseparabili amici del caro congiunto, mercé l’interessamento dell’On.le Podestà di Orbetello, che con sagacia pari all’amore, presiede alla sorti del Municipio.
I sottoscritti Proff. Giuseppe Fatini e Antonio Cappelli, ai quali fu affidato l’incarico di procedere alla valutazione della biblioteca e degli oggetti d’arte lasciati dal compianto Del Rosso, hanno in merito redatto la seguente perizia:
La Biblioteca Del Rosso comprende circa 1850 opere in 2162 volumi, dei quali alcuni in più copie.
Esse possono raccogliersi in dieci gruppi:

1° STORIA ETRUSCA (72) E MAREMMANA (175) = ……………opere n. 247 (Vol. 261-51)
2° STORIA (257) E LETTERATURA (658) = ……………………….opere n. 915 ( “ 1.133-Disp. 474
3° PISCICOLTURA = …………………………………………………opere n. 121 ( “ 130)
4° GEOLOGIA = ………………………………………………………opere n. 28 ( “ 29)
5° SCIENZE VARIE = ………………………………………………..opere n. 370 ( “ 407)
6° LEGGI = ……………………………………………………………opere n. 66 ( “ 93)
7° DIZIONARI = ………………………………………………………opere n. 26 ( “ 57)
8° RIVISTE PERIODICHE = …………………………………………opere n. 29
9° PUBBLICAZIONI Del Rosso = …………………………………..opere n. 33 ( “ 36) (324 copie)
10° ARTICOLI DI DEL ROSSO su giornali, riviste e recensioni sugli scritti del Del Rosso.

Nei vari gruppi non mancano opuscoli e libri di poco conto o troppo comuni, ma i più possono figurare bene in una pubblica biblioteca.
Il secondo gruppo raccoglie opere di vero interesse culturale tanto per la storia quanto per la letteratura; il gruppo quinto offre opere scientifiche d’indole prevalentemente pratica, rispondenti perciò in particolar modo ai bisogni intellettuali d’una cittadina di provincia; allo stesso criterio di praticità si improntano le raccolte dei DIZIONARI (gruppo 7°) e delle LEGGI (gruppo 6°), formate di libri che non possono mancare, per la loro utilità pratica, nel fondo iniziale di ogni biblioteca a carattere popolare.
Più importanti, perché riguardanti direttamente il passato e l’avvenire di Orbetello e della Maremma, sono i gruppi 1°, 3°, 4°, 9° e 10°; il primo costituito da libri di storia maremmana e etrusca, rappresenta, sia che si guardi nel futuro, sia che si volga l’occhio al passato, un prezioso tesoro bibliografico, che, oltre ad essere l’attrattiva dei lettori orbetellani, potrà invogliare qualche studioso e insegnante a portare il suo modesto contributo nelle ricerche su gli Etruschi e la Maremma antica, o a diffondere, con un corso di lezioni o di articoli, una maggiore conoscenza di essi in mezzo al popolo; il terzo gruppo, libri di piscicoltura, è tenuto distinto dagli altri libri di scienze perché, essendo la prosperità di Orbetello strettamente connessa con la pesca del suo Lago, questo nucleo di libri, costosi ed importanti, oltre ad interessare i cittadini in genere, potrebbe costituire un fondo bibliografico indispensabile per l’apertura presso la Scuola Complementare d’un corso facoltativo di piscicoltura, che riuscirebbe di pubblica utilità, al pari dei corsi facoltativi di frutticoltura o di lavorazione del marmo, dell’alabastro, etc. che sono stati aperti presso altre Scuole Complementari, le quali per volere del Ministero debbono intonarsi alle particolari risorse del luogo. Continua a leggere

17.12.2013 – CENTENARIO DELLA FERROVIA ORBETELLO – PORTO S. STEFANO.

Mostra Baccarini -Cento anni fa, il 17 dicembre 1913, si inaugurava la ferrovia Orbetello – Porto S. Stefano, che rimase in funzione per oltre 33 anni, fino a quando cioè fu seriamente danneggiata dai bombardamenti aerei americani dell’ultima guerra mondiale e, purtroppo, non fu più ripristinata.

Ieri, di fronte ad un numeroso pubblico e con la presenza dei sindaci dei due Comuni, si è svolta ad Orbetello una bella manifestazione.  Una ricca e stimolante Mostra documentaria composta di innumerevoli fotografie e documenti in gran parte inediti e la presentazione del libro “LA FERROVIA ORBETELLO PORTO S. STEFANO” di Gualtiero della Monaca, per ricordare l’evento che ebbe risvolti di grande rilievo per lo sviluppo del nostro territorio. La Mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 27 dicembre e la manifestazione si ripeterà dopo quella data a Porto S. Stefano.

In relazione a questo evento ci preme sottolineare, con vivo apprezzamento e molto interesse, la continuità nell’importante e qualificato lavoro che Gualtiero della Monaca sta sviluppando per lo studio e la valorizzazione della storia e delle tradizioni della nostra terra.

E’ un impegno il suo, assai rilevante, di grande valore culturale, che si è ormai definitivamente affermato attraverso la produzione di numerose  opere su vari aspetti della vita millenaria di questa parte della Maremma  e, proprio per questi motivi, ma, soprattutto, per l’importanza che riveste l’opera di Gualtiero Della Monaca, insieme quella di altri studiosi locali, vorremmo cogliere l’occasione per sollecitare una maggiore attenzione del mondo culturale, sociale e politico, dei nostri Comuni, degli imprenditori economici della Costa d’Argento, perché venga acquisita per sempre la convinzione, che riportare alla luce la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra cultura,  trovare il modo e i mezzi per valorizzare i nostri monumenti, dare finalmente una funzione importante ai nostri beni culturali, in una zona come la nostra, a vocazione turistica, riveste un significato importante: quello di creare le condizioni per un migliore e più equilibrato sviluppo sociale ed economico del territorio.

Riteniamo che educare al patrimonio storico – artistico vuol dire far viaggiare gli italiani alla scoperta del loro Paese, indurli a dialogare con le opere nei loro contesti, scongiurando, nello stesso tempo, la fragilità della cultura, fragilità che ha ormai aperto la strada a una società in cui sembra che ci sia solo spazio per fini strettamente biologici ed economici con un obiettivo che non condividiamo: limitare, se non addirittura  soppiantare definitivamente la cultura e le arti umanistiche.

In questo contesto, vogliamo inserire la nuova opera di Gualtiero Della Monaca, col suo particolare racconto su quella realizzazione di 100 anni fa, che in modo magistrale va a colmare un altro momento storico di rilievo per le nostre comunità, narrando la vita, il lavoro, le lotte, i disagi di chi ci ha preceduto, in un periodo particolarmente interessante del nostro sviluppo economico, forse, ancora poco studiato.

Fu quello, uno  dei tanti, interessanti momenti della nostra storia locale, forse uno dei più importanti, perché tutto quel fermento che aveva avuto inizio, in particolare a partire dall’unità d’Italia, e che tendeva a dare al nostro territorio un adeguato sviluppo sociale ed economico, ricevette,  senza dubbio,  grandi benefici dallo sviluppo delle vie di comunicazione, in  modo particolare da questa ferrovia.

Infatti, la costruzione della ferrovia avvenne in un momento decisivo per le nostre comunità quando, cioè, il loro territorio si apprestava a divenire uno dei più industrializzati della Toscana.

Se la realizzazione della ferrovia Orbetello – Porto S. Stefano fu un momento importante per i risvolti positivi che ebbe, il tema relativo allo sviluppo delle strade ferrate  avrebbe potuto avere ulteriori sviluppi positivi per tutta la provincia di Grosseto, e quindi  un’importanza maggiore anche per questa parte della Maremma, se lo inquadriamo nel contesto più vasto sul quale in quel momento si stava alacremente lavorando: penso alla ferrovia trasversale, quella Tirreno – Adriatico di cui la Orbetello – Porto S. Stefano alla fine di un percorso assai travagliato, che aveva visto anche momenti di  conflittualità fra i due comuni, veniva considerato il primo tronco di quel grande progetto.

Un progetto, una linea ferroviaria che, per quanto ci riguardava, avrebbe interessato, dagli Appennini al Tirreno, quattro province, Grosseto, Siena, Perugia e Roma e 42 comuni di cui 25 direttamente attraversati dalla ferrovia. Già la semplice lettura  dei documenti che riguardano il progetto, ci mette di fronte ad un immenso lavoro svolto da quei 42 Comuni, compresi i nostri, da quelle Province: il lavoro sul campo per trovare la migliore soluzione, la formazione nel tempo di vari progetti e di vari consorzi fra gli enti interessati, un lavoro enorme che era arrivato già alla divisione della spesa fra i vari enti (Stato, Comuni e Province), spesa che era già andata a far parte dei loro bilancio. Continua a leggere

LE BIBLIOTECHE, GLI ARCHIVI E I MUSEI ALLA DERIVA

Diga_da_terrarossa_ridotta2Se solo per un attimo mettiamo in evidenza la pericolosa deriva che va caratterizzando in Italia la gestione dei beni culturali e la loro valutazione sulla base di una possibile redditività economica, non si può fare a meno di constatare che l’orientamento prevalente porta ormai a privilegiare solo i grandi spazi museali e i momenti spettacolari, e solo quelli avrebbero importanza, per quella che molti considerano la massima industria del nostro Paese: il turismo e, in particolare,  il cosiddetto “turismo culturale”.

“Di qui l’infelice assimilazione dei beni culturali al petrolio o ai giacimenti minerari”, che molti cercano di far passare,  con la conseguenza di una evidente situazione di sottovalutazione di tante biblioteche, archivi, musei – almeno a livello di interessi  –  rispetto alle grandi strutture delle città: solo queste ultime sarebbero infatti in grado di calamitare le grandi masse del turismo internazionale, anzi solo un piccolo numero di esse svolgerebbe adeguatamente tale funzione, nel contesto nazionale.

BIBLIOTECASi connette a questa prospettiva, parziale e mistificante, la totale assenza di una seria e meditata valutazione in ordine alle funzioni che queste istituzioni (musei, archivi, biblioteche) svolgono nei processi di formazione e di crescita culturale dei cittadini.

Queste considerazioni, dovrebbero permetterci di capire meglio le ragioni che portano all’emarginazione di tanti archivi e biblioteche dal sistema dei beni culturali, insieme a tanti musei considerati minori.

Si dimentica così che proprio questi luoghi di studio offrono gli strumenti per la comprensione storica anche dei prodotti artistici, e soprattutto che essi costituiscono, o dovrebbero costituire, i grandi laboratori ove non solo si conserva e si trasmette un patrimonio storico  che appartiene all’umanità, ma dove si produce cultura, presupposto per la crescita civile ed economica delle comunità.

Di tutto questo non paiono consapevoli quanti hanno in mano le sorti dei beni culturali, ove sempre più lo spettacolare, il visuale e il virtuale sembrano affascinare e assicurare successo e sempre più spesso l’assenza di ogni riferimento agli archivi, alle biblioteche e ai musei nelle frequenti dichiarazioni programmatiche, conferma la deriva che si evidenzia abbastanza forte.

Non è quindi un caso se le biblioteche sembrano essere in irreversibile declino, gestite da personale sempre meno motivato, e spesso indifferente rispetto ai grandi compiti delle Biblioteche nel tessuto civile delle comunità.

Come non è un caso se tanti archivi e musei, con in testa quelli degli enti locali, sono chiusi, o restano aperti per poche ore la settimana.

Vogliamo continuare con questa deriva assai pericolosa per lo sviluppo culturale, sociale ed economico delle nostre comunità, o vogliamo diventare un po’ più coraggiosi, meno infingardi,  e cominciare, perlomeno, a discuterne seriamente, per vedere se sia possibile addrizzarla quella deriva?

GUSTATUS: IL Circolo G. Mariotti espone 20 anni di attività

Anche quest’anno, come nel 2012, il Circolo Culturale Orbetellano Gastone Mariotti è presente con una propria postazione nella manifestazione di Gustatus che si svolge a Orbetello nei giorni tra il giovedì e la prima domenica di novembre. Il Circolo, i cui obiettivi sono quelli di promuovere la storia e le tradizioni Orbetellane e Maremmane, è presente con numerosi libri, scritti dai propri soci nei venti anni di attività. che trattano temi storici, sociali e gastronomici legati strettamente al territorio orbetellano.

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Con il ricavato della vendita, unito alle quote annue degli iscritti, Il circolo riesce a gestire le numerose iniziative come quella del “Giovedì Culturale” che ci ha visti impegnati per undici serate nel periodo estivo, in cui sono state presentate le opere e la vita dei pittori orbetellani del 1900.

L’attività del circolo, fondato con atto ufficiale del 10 febbraio 1993 come associazione non a fine di lucro che persegue obiettivi di solidarietà socio – culturale, si è concretizzata con numerose iniziative che, in 20 anni sono state 70 più o meno lunghe ed importanti, di cui ci piace ricordarne una per tutte che riteniamo la più significativa per la comunità orbetellana, in cui siamo stati impegnati in prima persona nel progetto, durato tre anni, che ha permesso il recupero, il riordino e il ripristino dei libri della Biblioteca Comunale, sottraendoli all’incuria in cui erano stati lasciati per oltre 16 anni.

La laguna di Orbetello, storia lavoro e vita sociale dal 1414 al 1960

 

Nell’ambito degli undici incontri organizzati presso il ristorante “I Pescatori” dal Circolo Culturale Orbetellano Gastone Mariotti, giovedì 12 settembre 2013 è stato presentato il bel libro, tratto da una ricerca storica di Giovanni Damiani, dal titolo “La Laguna di Orbetello”. Un lavoro prezioso per conoscere la storia e le tradizioni del nostro passato nel quale Giovanni ha raccolto e commentato numerosi documenti prodotti dal 1414 al 1960. DSC_6853 Il libro, edito dalle edizioni “Effigi”, diventa l’ennesimo tassello di un mosaico che il Circolo Gastone Mariotti stà componendo da anni per documentare le vicende storiche orbetellane. La laguna rappresenta un patrimonio ambientale di grande valore in un territorio immerso su cui si è sviluppata la storia della città che, nel tempo, ha riservato ai suoi abitanti momenti di splendore e periodi oscuri condizionando la vita di tutti. La pesca è stato sempre un elemento economico importante come, in parte, la produzione del sale e la salvaguardia dell’ambiente. La ricerca di Giovanni rappresenta un contributo alla conoscenza di un tema sempre attuale che fa discutere anche oggi al quale nessun orbetellano si può sottrarre.

La Laguna di Orbetello COP.inddIl libro si può acquistare dalla libreria Bastogi oppure presso il circolo Culturale Orbetellano Gastone Mariatti al prezzo di € 12,00, o richiederlo al seguente  indirizzo e_mail edoaro.federici@libero.it  

Ricordiamo a tutti i nostri lettori che il circolo, attraverso le quote associative e la vendita dei suoi libri, finanzia gli eventi culturali che organizza. Nel corrente anno sono stati organizzati 13 eventi.

Orbetello: Le vie della preistoria nella duna del tombolo di Feniglia

 

Come tutti gli anni nel mese di agosto riprendono gli scavi archeologici nel tombolo di Feniglia, iniziati nel 2000, che durano per tutto il mese di settembre con l’obiettivo di riportare alla luce uno dei due siti individuati lungo il Tombolo, quello posto all’estremità dalla parte di Ansedonia, iscrivibili, per la loro collocazione costiera e per la tipologia del materiale rinvenuto, frammenti di grandi contenitori di argilla, alla prima età del ferro (IX – VIII secolo a.C.).

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Il Circolo Culturale Orbetellano Gastone Mariotti, ha voluto organizzare la conferenza di inizio lavori per porre l’accento su questa attività che fa di Orbetello un punto di eccellenza archeologico mondiale in quanto il sito testimonia la presenza di attività commerciali sin dal IX secolo a.C., nella prima età del ferro, che si basavano sulla produzione di sale e che sfruttavano il traffico commerciale del porto romano di Cosa.

La giornata archeologica assieme ai ricercatori dell’Università di Milano, organizzata grazie alla sponsorizzazione di BARAKA e BAR LA SPIAGGETTA si è svolta la mattina con una visita agli scavi, e si è conclusa nel pomeriggio con una conferenza alla quale hanno partecipato la dottoressa Nuccia Negroni Catacchio, responsabile del progetto “Paesaggi d’Acque”, il Professor Massimo Cardosa che cura le attività di ricerca, e tutti gli archeologi impegnati nello scavo.

Si ipotizza che il sito, le cui dimensioni sono molto ampie, ben oltre le parti riportate alla luce, sia da identificarsi con le attività di estrazione del sale mediante bollitura dell’acqua marina. Gli scavi effettuati negli ultimi anni hanno permesso d’individuare grosse quantità di materiale ceramico in frammenti, e strati di cenere che indicano la forte presenza di fuoco. Sono state inoltre identificate altre strutture che testimoniano la presenza di una abitazione e di forni per cuocere il cibo.

La produzione di sale, nel Tombolo di Feniglia, ne fa un punto di riferimento importante per la conservazione del cibo che lo rese,  per i traffici della vita comune di allora, una tappa indispensabile vicino ai porti della città di Cosa. Infatti la possibilità di conservare i cibi sotto sale costituiva un importante elemento di sopravvivenza per le comunità della prima età del ferro che si insediarono  nelle piane di Vulci, Cerveteri e Tarquinia.

UN ALTRO LIBRO IMPORTANTE DEL CIRCOLO CULTURALE ORBETELLANO “G. MARIOTTI”.

La Laguna di Orbetello COP.inddIl Circolo Culturale Orbetellano “Gastone Mariotti”, sulla base di un’approfondita ricerca storico -bibliografica del Socio Giovanni Damiani, ha dato alle stampe un nuovo libro dal titolo “LAGUNA DI ORBETELLO. Storia, lavoro e vita sociale dal 1414 al 1960”, che sarà prodotto da “Edizioni Effigi” di Arcidosso.
Una ricerca storica che va a mettere un altro tassello a questa particolare parte della vita orbetellana, che deve essere accolta come un contributo alla conoscenza e all’approfondimento di un tema ancora oggi molto sentito e di grande attualità; un contributo per tutti coloro che desiderano approfondire aspetti particolari della vita, della storia e delle attività che si sono svolta e che ancora si svolgono in Laguna.
La presentazione del libro, inclusa nei “GIOVEDI CULTURALI”, organizzati dal Circolo stesso nel 2013, si terrà presso la Ridotta Burgos – Piazzetta dei Pescatori – Via Leopardi, 9, Orbetello, il 12 settembre p.v. alle ore 21,00.
Come si evince dal titolo, si tratta di un lungo viaggio nella storia, nel lavoro e nella vita sociale di quei pezzi della società orbetellana direttamente impegnati nella Laguna e delle istituzioni che intervenivano nella gestione, nella conservazione, nella cura e nello sfruttamento di questo straordinario ambiente.
E benché l’esame effettuato non sia ancora completo e definitivo, porrà immediatamente il lettore di fronte ad una tematica di eccezionale rilevanza e attualità, a momento storici, sociali ed umani assai intensi e vitali, aprendo scenari di grande interesse, che travalicano l’ambito locale.
Apparirà subito evidente che si tratta di un patrimonio ambientale di grande valore, di un territorio su cui si è sviluppata una storia importante, che nei secoli ha riservato ai suoi abitanti momenti di splendore e periodi di desolazione, condizionando, quindi, in modo positivo o negativo, la loro esistenza.
Storia dunque della Laguna di Orbetello? Certo, anche se la ricerca non ha queste pretese per il parziale esame della sua lunga esistenza e delle sue spesso travagliate vicissitudini. Come tutti i lavori di sintesi è il risultato di una selezione del vasto materiale esistente e consultato, inedito o già conosciuto, e il territorio di cui fa parte la Laguna è così ricco di storia, di cultura e bellezze naturali, che qualsiasi interpretazione può risultare, per qualche verso, non inserito nel giusto contesto. C’è insomma la consapevolezza di non aver potuto ricordare o mettere in evidenza tutto quanto appartiene alla vita della Laguna, forse anche cose di notevole importanza.
Tuttavia, la ricerca contiene e mette in evidenza dati e notizie di grande interesse, un immagine per molti versi ancora sconosciuta o trascurata della nostra Laguna.

In relazione al fatto che un associazione come la nostra, senza scopo di lucro, che vive con la quota sociale annua di una cinquantina di affezionati Soci, e quindi in operazioni di questo genere che vogliamo fare e continueremo a fare, con lo scopo importante di far conoscere al mondo la nostra storia e le nostre tradizioni può farci trovare in serie difficoltà, qualche giorno fa abbiamo lanciato la prenotazione del libro che ha cominciato a dare i suoi frutto.
Pertanto, certi che comprenderete e accoglierete con comprensione la nostra richiesta, coloro che desiderano acquistare il libro, che costerà 12,00 euro, sono pregati di prenotarlo, telefonando al n. 0564-862539 (Giovanni Damiani) – oppure ai seguenti indirizzi e-mail: doriana.rispoli@gmail.it – edoardo.federici@libero.it – rossella.rispl1@gmail.con – francescacelestra@live.it – g.damiani5@virgilio.it –
Le richieste devono contenere il recapito completo per darci modo di consegnare il libro senza difficoltà. GRAZIE.