Un’idea di futuro

Massi Cavallo 58x58Approfitto dello spazio che il Circolo Gastone Mariotti è così gentile da concedermi per una breve ma, credo, opportuna considerazione. A mo’ di introduzione ad alcuni prossimi contributi che ho in mente di portare. Mi sono iscritto perchè ritengo nodale e determinante l’attività che questi signori stanno conducendo da molti anni a questa parte. La qual cosa mi ha fatto pensare al senso che, in un ambito locale, riveste una associazione/circolo culturale. 

A mio modesto avviso,questo senso sta nel raccogliere persone e materiali  con lo scopo di funzionare da stanza di elaborazione cognitiva di una comunità e di un territorio. Si individuano punti di interesse, punti critici, punti dirimenti nello spazio e nel tempo della porzione di mondo cui ci si sente di appartenere e ci si sforza di collocarli all’interno di un arco, di un racconto, di una vicenda che, in ultima analisi, conduca a capire come si è diventati quel che si è oggi, qui.
Lo si fa per la gran parte attraverso l’esercizio della parola, letta, scritta o parlata che sia: selezionando contenuti organici agli scopi menzionati sopra, che si tratti di libri, articoli, immagini etc., ma anche producendone dopo aver metabolizzato quanto assimilato: si semina e si raccoglie.
Un gran lavoro, davvero.
Specie in un momento come quello che stiamo vivendo, segnato non solo da una completa assenza di prospettiva ma, quel che è peggio, da una arroganza pigra che persevera nel non costruirsene una. Un’idea di futuro, uno sviluppo possibile. Orbetello, almeno a mia memoria, non è mai stata tanto depressa quanto oggi ma la meteorologia non c’entra nulla: il cammino è stato umano, molto umano.
E’ lo spiacevole male di vivere all’interno di un eterno presente nel quale manca la consapevolezza del punto di vista o, appunto, la prospettiva delle cose. Come contemplare la mappa di un piano di evacuazione di una struttura vasta e complicata (un transatlantico, mettiamo, magari male indirizzato) dove è assente il grande punto rosso che sentenzia: “Tu sei qui”. La facoltà di vedersi da fuori.
Chiudo queste poche righe con un’immagine che mi è rimasta da passate letture di antropologia culturale, una cosa legata ad una comunità che mi è sempre parsa molto suggestiva: gli Aymara.
Sono una popolazione andina che concepisce l’idea di futuro in un modo del tutto particolare. Secondo la loro maniera di vedere le cose [qui un ottimo articolo che la illustra], infatti, ogni uomo o perfino ogni soggettività come un gruppo umano, procede di spalle verso l’avvenire, muovendosi all’indietro e contemplando davanti a sé il cammino fatto fino a quel punto: ciò che è passato. Nella gestualità (e nelle locuzioni) quando un Aymara si riferisce a quel che dovrà accadere indica un luogo al di là delle proprie spalle e, naturalmente, vale il contrario: “…è successo tre anni fa” dice, e punta il dito avanti.
Perfettamente logico: il passato lo possiamo vedere, ci è dato di sapere come si è svolto, è un libro aperto che ci agisce e ci determina. Ma non abbiamo occhi dietro la testa: quel che sarà nessuno lo vede, per quanto qualcuno si possa sforzare di convincerci del contrario, nel bene e nel male.

Massimiliano Cavallo